domenica 29 marzo 2009

CHILDREN'S MUSEUM DI GYEONGGI Corea_Schiattarella

Lo studio Schiattarella da sempre cerca di scappare da due estremi: della creatività incontrollata che punta sulla gestualità o sul segno eclatante e del funzionalismo ingenuo che tende a trasformare, senza troppe mediazioni, un astratto organigramma in un progetto architettonico. Ne è scaturita una attività in cui funzioni e forme dialogano e, nello stesso tempo, competono tra loro per realizzare ambienti coinvolgenti e dotati di plusvalore estetico , dove estetico e' da intendersi letteralmente e cioè nel senso di “percettivo”.

Nel Children’s Museum di Gyeonggi l’esigenza funzionale è il corretto apprendimento da parte dei bambini che rispetti la loro voglia di curiosare liberamente e senza costrizioni tra i diversi campi del sapere e, nello stesso tempo, risponda al bisogno di strutturare le nozioni per temi al fine di evitare un’esposizione caotica, informe e non sistematica. Secondo Schiattarella occorre organizzare i dati della conoscenza come se fossero oggetti riposti all’interno di una certa quantità di scatole caratterizzate dai colori diversi ( ad ogni colore corrisponde un tema) per attirare la curiosità dei bambini che le possono aprire o chiudere senza seguire un ordine prefissato.

Tradotto in termini spaziali e, quindi, di architettura il sistema delle scatole si trasforma in una decina di ambienti, di magic boxes, disposti senza un ordine preciso e ciascuno caratterizzato da un proprio colore e da una doppia pelle: una esterna opaca e una interna traslucida su cui lanciare immagini per mezzo di proiettori disposti nell’intercapedine tra le due. Fatto il primo passo, che va dalla funzione alla forma, ne segue uno che si muove in senso inverso. Solo così, infatti, quella che sarebbe una semplice “strategia dell’elenco” può tramutarsi in una coinvolgente organizzazione dello spazio. Viene in soccorso un’altra idea metaforica: il Pachincko, un gioco molto diffuso in oriente in cui alcune palline precipitano dall’alto per seguire un percorso di piani inclinati lungo il quale sono disposti dei buchi che le accolgono.

Torniamo all’architettura: se cerchiamo di appendere le magic boxes lungo un muro che le sostiene e pensiamo di collegare attraverso piani inclinati le porte che ad esse conducono, non e' difficile pensare al Children’s Museum come a un grande Pachincko in cui , come palline, i bambini di una scolaresca si dispongono sulla quota più alta e poi, di corsa lungo le rampe, giocosamente, si recano negli ambienti che più li attirano. Risultato: una configurazione spaziale eccitante che trasforma il gioco delle scatole in percorsi, in esperienze cromatiche, in un labirinto o, se vogliamo, in un hypertesto. Insomma: in una architettura che, come dicevamo all’inizio, e' ugualmente distante dalla creatività incontrollata e dal piatto funzionalismo.

L'obiettivo del museo è quello di mettere il bambino in condizione di rielaborare in modo personale ciò che apprende e di stimolare la sua capacità di critica , per aiutarlo a trovare un'identità all'interno della propria cultura e del proprio mondo. L'attenzione è focalizzata sulle modalità di apprendimento proprie dei bambini e sulle strategie per facilitare il processo educativo. Un museo per bambini deve fornire gli strumenti adatti per creare uno spazio che stimoli l'apprendimento attraverso la scoperta, il gioco, l'esplorazione, l'interazione con le persone, gli oggetti e le proprie strutture e che faccia sentire i bambini a casa loro. Il visitatore passa in modo fluido dall'esperienza raccolta di uno spazio caratterizzato da compressioni a quella sorprendente di spazi con grandi espansioni verticali; si insinua all'interno dell'architettura: pozzi di luce, patii, spazi naturali..

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